Il mondo dell’università e quello del lavoro sono ancora troppo distanti tra loro. Siete d’accordo con me?
Dovrebbero essere un naturale passaggio in crescita tra un’epoca e un’altra della vita di una persona, mentre invece troppo spesso rappresentano un gradino, un salto, a volte addirittura un pericoloso fossato.
Certamente progetti come l’alternanza scuola-lavoro in alcuni istituti superiori sono una ottima innovazione. E lo stesso si può dire dei tirocini universitari. Ma siamo ancora lontani, troppo lontani da quell’ottimo che i nostri giovani meritano e il mercato del lavoro impietosamente esige.
Quanto tempo spreca un neolaureato che inizia un lavoro senza sapere di cosa si tratta nella pratica? Quanto tempo e quante risorse deve investire un datore di lavoro per formare una persona? Quanto viene rallentato il Sistema Paese da migliaia e migliaia di esempi che quotidianamente si verificano all’ombra delle cronache?
Io che ho studiato Giurisprudenza, ricordo ancora esami in cui c’erano da studiare e imparare manuali di 1.500 pagine. I miei amici inglesi ne dovevano fare 300, al massimo 500. Hanno meno leggi? Meno burocrazia? Senz’altro l’Italia non è l’esempio migliore in tema di “complicazione affari semplici”. Ma non è questo il punto.
Studiare a memoria 1.500 pagine, aiuta nella pratica? Io dico: assolutamente no!
Studiare 500 pagine e il tempo risparmiato di altre 1.000 impiegarlo nel capire casi concreti di diritto, aiuta nella pratica? Io dico: assolutamente sì.
Lo studio ci deve essere, ci mancherebbe. Ma nel diritto, come in tantissimi altri campi, ciò che è altrettanto imprescindibile è sapere:
1️⃣come muoversi
2️⃣nel più beve tempo possibile
3️⃣con la maggiore efficacia ed efficienza.
Per ottenere questi risultati, è necessario affiancare molta più pratica nell’Università, non a danno della preparazione teorica (che va comunque alleggerita), ma a vantaggio della formazione globale della giovane o del giovane.
E tu, nel tuo percorso di studi avresti preferito più pratica sul campo?
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