Ti ricordi la storia della Servetta di Tracia - raccontata da Socrate, per mano di Platone - in cui criticava il filosofo Talete per essere finito in un pozzo mentre studiava gli astri in cielo?
Chissà oggi cosa avrebbero detto i grandi filosofi di quelle persone che se ne vanno in giro "ipnotizzate" a guardare lo smartphone, addirittura quando attraversano la strada.
Da qualche giorno la Treccani ha inserito ufficialmente il termine "smombie" nel suo vocabolario. Cosa significa e da dove deriva? Questo neologismo è l'unione di due parole: "smartphone" + "zombie".
Coniato per la prima volta nel 2015 in Germania, nel vocabolario identifica "Chi cammina per strada senza alzare lo sguardo dallo smartphone, rischiando di inciampare, scontrarsi con altre persone, attraversare la strada in modo pericoloso".
Non mi voglio paragonare a Socrate e Platone, che in realtà elogiavano Talete e il dedicarsi a pensieri superiori. Ma voglio parafrasare il concetto di "smombie" per lanciare un appello alla responsabilità e alla consapevolezza.
Non vedo, infatti, solamente il pericolo di andare dietro e dentro questi oggetti tecnologici. Il rischio più grande, infatti, è quello di dimenticarci di tutta la realtà, compresa quella della crisi che stiamo vivendo e che sembriamo accettare passivamente.
Tutti, nel nostro piccolo, dobbiamo fare qualcosa. Anche se in silenzio. Anche lavorando nell'ombra. Anche pretendendo dalla politica di fare molto ma molto di più. Anche alzando la voce, se necessario. Anche facendo scelte negli stili di vita. Anche leggendo, studiando, arricchendosi del contatto con la natura, l'aria, la vita.
Perché in realtà non siamo "smombie", ma esseri umani che possono sempre contribuire a cambiare in meglio questo splendido Pianeta.
Cosa ne pensi?
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